Partiti dalla Sicilia sono sbarcati nella Capitale per un sit-in davanti alla Camera

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ROMA – Hanno preso un aereo alle 8.30 am da Palermo per proseguire la loro protesta nella Capitale, dove si è più vicini alla cabina di comando. Qui si sono uniti a un gruppo di insegnanti e tecnici della scuola di Roma e delle regioni del Sud: alcune decine di precari hanno partecipato a un sit-in davanti alla Camera cercando adesioni per formare un coordinamento nazionale che scenda in piazza e chieda con forza di ritirare la riforma Gelmini. «La scuola pubblica non si tocca, la difenderemo con la lotta», lo slogan scandito mostrando uno striscione con su scritto “Tagli alla scuola: una truffa per tutti” a piazza Montecitorio, che nell’ultimo anno è stata teatro di molte battaglie per il posto di lavoro. Nella serata poi la protesta si è spostata in viale Trastevere, davanti al ministero dell’Istruzione, dove un piccolo gruppo ha passato la notte.
Tra i manifestanti due precari siciliani, Giacomo Russo, ata di Palermo, in sciopero della fame da dieci giorni, e Caterina Altamore, maestra precaria alle elementari da 14 anni, che da ieri ha iniziato l’astensione dal cibo. L’intenzione è quella di proseguire a oltranza: «fino a che il ministro Gelmini non accetterà un incontro pubblico e mi convincerà – specifica Russo – che la sua riforma farà bene alla scuola». Si tratta, assicura, non di una battaglia di una categoria, quella dei precari, ma per il futuro della scuola pubblica «e se abbiamo la forza di metterci insieme il governo dovrà cedere, perché noi siamo il Paese reale, loro sono virtuali e provvisori». Ad appoggiare la protesta la Flc-Cgil e i sindacati di base. «La Cgil scuola – assicura il segretario, Mimmo Pantaleo – non intende adottare un atteggiamento supino. Non ci interessa quello che fanno gli altri sindacati subalterni che accettano tutto quello che ha proposto il governo». E, con un accostamento che richiama un altro fronte caldo per la Cgil, vede nell’atteggiamento del ministro Gelmini un’adesione completa al metodo dell’ad di Fiat, Sergio Marchionne, «che è quello dei licenziamenti», e teme che sia questa «la stella polare con cui Gelmini e il governo intendono affrontare i problemi della scuola pubblica».

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