Riceviamo e pubblichiamo. Il parroco della Chiesa di Santa Maria di Loreto scrive sull’accordo Fiat e sui problemi della famiglia

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“L’istituto familiare è minacciato da più parti…e si trova a far fronte a non poche difficoltà nella sua missione di educare alla fede. Il venir meno di stabili riferimenti culturali e la rapida trasformazione a cui è continuamente sottoposta la società, rendono davvero arduo l’impegno educativo. Perciò, è necessario che le parrocchie si adoperino sempre più nel sostenere le famiglie, piccole Chiese domestiche, nel loro compito di trasmissione della fede”. Lo ha detto Benedetto XVI nell’omelia della Messa, presieduta  domenica 9 gennaio nella Cappella Sistina, in occasione della Festa del Battesimo del Signore. L’accordo con FIAT rappresenta una di queste minacce. Mi colpisce l’invito che il Papa fa a noi parroci per adoperarci nel sostenere le famiglie e credo che tutti noi ne sentiamo l’altissima responsabilità e cerchiamo di intervenire come possiamo anche se la partita è davvero impari.

Come possiamo aiutare le famiglie se queste vengono in qualche modo defraudate dal loro compito di educare e formare la prole, di far si che i coniugi possano crescere in un amore reciproco e di impegnarsi per migliorare il mondo che li circonda attraverso la ricerca del bene comune, quando il lavoro occupa un posto spropositato nella vita dei coniugi, quando questo mira solo al profitto a discapito della promozione umana e spirituale dell’essere, quando  riduce in schiavitù cioè  toglie la possibilità di difendere i propri diritti o di collaborare ad una gestione responsabile dell’Azienda e l’uomo viene ridotto a macchina produttiva al punto tale da essere ricattato per barattare la sua occupazione con un unico sistema di scelte aziendali stabilite dalla Dirigenza e nemmeno discutibili a livello sindacale?

            In queste ore mentre scrivo si sta discutendo del contratto che Marchionne a sottoposto ai Sindacati e che verrà valutato dal Referendum di giovedì 13 e venerdì 14. Quando mi leggerete già si conoscerà l’esito che in ogni caso rappresenterà una sconfitta per i lavoratori, perché sotto c’è un ricatto inaccettabile, in quanto l’ipotesi di una  vittoria dei no non sarà nemmeno presa in considerazione dalla Dirigenza Fiat, se ne andranno altrove e lasceranno i lavoratori senza lavoro.

 Non è necessario attendere il 13 e 14 gennaio per constatare l’acuirsi di una situazione insostenibile per la stragrande maggioranza di chi lavora. Già adesso noi parroci non riusciamo più ad incontrare le giovani coppie perché lavorano 10 ore al giorno, con 2/3 ore di viaggio per raggiungere il posto di lavoro (almeno qui a Guidonia, periferia di Roma), la domenica si lavora ugualmente e quelle libere servono per sbrigare diverse faccende, i salari non sono sufficienti per mantenere nemmeno 2 figli, i figli non possono essere seguiti dai genitori e i genitori esasperati, frustrati e stressati entrano in conflitti acerbi che favoriscono la ricerca di altri amori.

            Su di una situazione del genere (descritta per difetto), Marchionne ha il coraggio di chiedere ai lavoratori: straordinari obbligatori anche il sabato e notturni, la malattia sarà tutelata solo entro certi limiti, la rappresentanza sindacale non sarà più garantita da chi non firma il contratto, diminuirà la pausa pranzo, lo sciopero sarà ammesso solo alle condizioni di chi Dirige. La Presidente di Confindustria sig.ra Marcegaglia in un’intervista a Porta a Porta del 10 gennaio, diceva che: “se non si è competitivi, non c’è lavoro, non c’è ricchezza, non c’è storia”, ma al contempo ammetteva che Confindustria con i Sindacati, nei contratti nella Siderurgia, era arrivata a delle soluzioni diverse da Fiat. Allora sembra che ci sia un modo per restare competitivi diverso da quello di Marchionne che per dettare le sue regole è adirittura uscito fuori dalla trattativa di Confindustria.

            Non mi interesso di Economia ma la domanda che in queste ore viene fuori è se c’è un’alternativa al tipo di Economia voluto da Marchionne e da chi come lui. Nel 1991 Chiara Lubich lanciava dal Brasile una proposta davvero valida si chiama Economia di Comunione. Vi rimando ad un articolo  presente su queste pagine di Fraternizzando, cito solo la parte che qui può interessarci:

l’Economia di Comunione (EdC) coinvolge imprenditori, lavoratori, dirigenti, consumatori, risparmiatori, cittadini, studiosi, operatori economici; venne proposta facendo riferimento alla dottrina sociale della Chiesa più volte indicata dal Papa Giovanni Paolo II in continuità con gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, allo scopo di costruire e mostrare una società umana dove, ad imitazione della prima comunità di Gerusalemme, “nessuno tra loro è indigente”.  Parmalat dopo il furto di Calisto Tanzi, ha saputo uscire fuori da una crisi gravissima, optando per un modello di sviluppo economico simile a quello di Economia di Comunione dove attraverso il coinvolgimento diretto dei lavoratori si è creato un senso di responsabilità e partecipazione che l’ha portata ad essere nuovamente quotata in Borsa.

            Certo parlare questo linguaggio a chi senza alcun scrupolo guadagna  1.047 volte  lo stipendio di un operaio (un suo predecessore solo 20), è come parlare ostrogoto, ma non possiamo tacere l’ingiustizia. Sarebbe da ricordare all’Amministratore Delegato di Fiat ciò che insegna la Chiesa nel suo Catechismo: “L’uomo usando dei beni creati, deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede, non solo come proprie, ma anche come comuni, nel senso che possono giovare non unicamente a lui, ma anche agli altri. La proprietà di un bene fa di colui che lo possiede un amministratore della Provvidenza, per farlo fruttificare e spartirne i frutti con gli altri, e, in primo luogo, con i propri congiunti.”(Cat. Chiesa Catt. N°2404). In sostanza la Chiesa dice che la proprietà di un bene ti costituisce Amministratore della Provvidenza e quindi che ogni bene che tu non stai usando secondo la Provvidenza lo stai rubando. Forse il compito della Chiesa consiste non solo nell’affidare ai Parroci la responsabilità di sostenere le famiglie ma anche quello di educare la classe Dirigente del nostro Paese partendo da dei principi validi non solo per chi crede ma per tutti come davvero tutti si possono ritrovare nelle parole di san Giovani Crisostomo che diceva. “non condividere con i poveri i propri beni è defraudarli e togliere loro la vita. Non sono nostri i beni che possediamo: sono dei poveri; siano adempiuti anzitutto gli obblighi di Giustizia perché non si offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di Giustizia”. Così anche san Gregorio Magno: “quando doniamo ai poveri le cose indispensabili, non facciamo loro delle elargizioni personali, ma rendiamo loro ciò che è loro. Più che compiere un atto di carità, adempiamo un dovere di Giustizia”.

            Vorrei dire al Papa, che nonostante gli ottimi Piani Pastorali non abbiamo  a chi presentarli. Le nostre parrocchie sono già vuote e pertanto non sarà facile sostenere le famiglie se non le difendiamo da chi vuole più competitività per maggiori profitti, anziché una distribuzione della ricchezza più giusta partendo da meno profitti, maggiore qualità e anche quantità del lavoro ma supportata da più lavoratori. Non è più possibile accettare che il lavoro di 2 lo faccia 1 solo lavoratore! Bisogna che tutti si rendano conto che la situazione è drammatica ed è urgente cambiare gli Stili di Vita.

                                  

                                                                                              Fr. Andrea Stefani

                                                                                                      parroco

           

           

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