Albuccione / Scende in strada la rabbia del quartiere: “Basta campi rom”

In Primo Piano da Yari Riccardi Commenti

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“Siamo tornati a quaranta anni fa, quando per tentare di ottenere qualcosa dovevamo bloccare la Tiburtina”. Rabbia, esasperazione e paura sono scese in strada insieme ai manifestanti del corteo di Albuccione, di nuovo in strada per chiedere a gran voce la chiusura dei campi rom che “assediano” la zona. La manifestazione, organizzata dai cittadini e alla quale ha aderito CasaPound, ha visto anche la partecipazione di numerose associazioni e comitati di quartiere della periferia est di Roma, in particolare quelle della zona di Salone, che da anni convivono con tutte le dinamiche dei campi nomadi, in primis quella dei roghi.

Il corteo è partito da piazza Aldo Moro. Tricolori, slogan gridati con forza e qualche fumogeno, per un percorso che è passato attraverso Via Colaianni per poi “invadere” la Tiburtina intorno alle ore 17 e 30. Il rientro in Via dell’Albuccione e la rabbia gridata di fronte a uno degli insediamenti abusivi della zona, quello a poca distanza dalla scuola, con la Polizia a presidiare tutta la situazione. Il finale di nuovo in Piazza Aldo Moro, con l’inno di Mameli e le bandiere di nuovo in aria.

Le voci del quartiere. Lo stato d’animo è comune. Lo dicevamo sopra. Rabbia, esasperazione e paura. “Siamo tornati a 40 anni fa, con questa zona che continua ad essere abbandonata a se stessa”, lo racconta Antonella quando il corteo si ferma davanti all’insediamento rom di Via dell’Albuccione. “Io sono una pensionata, e quando fa buio è impossibile anche solo pensare di uscire: il limite ormai è stato superato”, così Luigina. Una paura che diventa quasi fobia. “Noi siamo qui – racconta R. – e temiamo per le nostre case che abbiamo lasciato vuote a poca distanza”. Charlotte è provocatoria . “Dove vanno i nostri soldi delle tasse? E dove sta la legge?”. Una situazione che è precipitata dagli scontri del mese di settembre. “Non è cambiato niente, i rom – prosegue un uomo – sono ancora tutti qui. Vivere così è impossibile, questa storia va avanti da anni. Non possiamo più uscire: questo è il peggior momento del quartiere da quando ci sono gli insediamenti. Furti ogni giorno, la gente ha paura anche in casa”. C’è chi fa riferimento alle tasse – “io pago l’immondizia per loro” – e chi vede lievi segnali positivi. “Dagli scontri qualcosa di meglio ho visto: vedo i rom più tranquilli, forse si sono messi paura. Comunque non se ne può più”, così chiude Franco.

“Sgombero e attenzione maggiore per il quartiere”. Come anticipato, alla manifestazione ha partecipato anche CasaPound. “Il corteo è stato esattamente quello che avevamo immaginato, composto anche da realtà non solamente locali. Per il futuro – racconta Federico Rapini, responsabile di CP Tivoli – cercheremo di coinvolgere ancora di più la gente di Albuccione”. Era presente anche Mauro Antonini, responsabile di CasaPound per il Lazio. “Obiettivo è ottenere la firma dello sgombero dell’insediamento adiacente alla scuola e comunque una attenzione maggiore sul quartiere da parte delle istituzioni”. Attenzione che era arrivata immediatamente dopo gli scontri di settembre. “Dieci giorni di attenzione mediatica, poi le solite promesse disattese da parte della politica e del prefetto, il classico rimpallo di competenze e responsabilità. Questo è stato percepito dai cittadini, che hanno visto in noi gli unici pronti a raccogliere le loro istanze di protesta”. Proteste che non sembrano certamente essere terminate con la manifestazione del 16 novembre.

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