Occhi di Ragazzo 2.0: il nuovo libro del giornalista Giuseppe De Grassi su Gianni Morandi

In Terza pagina da Alessandra Paparelli Commenti

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Abbiamo intervistato Giuseppe De Grassi, friuliano di nascita, terra di confine e crocevia di popoli, ha vissuto a Roma e da molti anni è cittadino di Fonte Nuova, alle porte della Capitale; artista a 360′, autore musicale, giornalista di Avanti, collaboratore di altri giornali e direttore di Ciao 2001, celebre rivista settimanale musicale degli anni ’70 e ’80, autore del nuovo, secondo libro, su Gianni MorandiOcchi di Ragazzo 2.0“. Un libro brillante, avvincente, la storia di un artista che unisce, in una sorta di filo sottile e con le canzoni come comune denominatore, la nostra Storia, la politica, storia, le utopie, delusioni, rinascite, futuro, dalla seconda guerra mondiale ad oggi.  La fenomenologia dei social e della nuova comunicazione, l’Italia contemporanea: dalla crescita economica alla crisi. Società, politica ed economia dalla storia recente all’attualità, con Gianni Morandi filo conduttore e fenomeno anche virtuale. Ricordiamo, oltre 50 anni di carriera, 50 milioni di dischi venduti e ora più di 390 mila fan sulla pagina Instagram e più di 2 milioni e mezzo sul suo profilo Facebook. Una vera “bomba” mediatica.

Un giornalista dalla linea dura, De Grassi, difficile e senza compromessi: Ogni libro per Giuseppe De Grassi è una sofferenza, è simile a un parto. Il precedente volume, uscito nel 2002, si intitolava Occhi di Ragazzo. Nel primo libro, come ricorda De Grassi stesso, si trattava di una biografia dedicata al celebre cantante con passi anche della vita dell’autore, in parallelo: potremmo definirlo quasi un “romanzo di formazione”, una biografia comparata, non solo del personaggio principale quindi Morandi ma anche momenti di storia e di vissuti.

Occhi di Ragazzo 2.0: Il secondo libro, appunto, è invece dedicato alla fenomenologia del cantante, dove De Grassi analizza un fenomeno vero e proprio: il mondo del virtuale, la rete, la gente, i fans, la televisione, la comunicazione, i social. Un libro che l’autore guarda dal punto di vista virtuale anche, “social” appunto e di comunicazione,  con l’uso che Morandi stesso fa dei social,  in particolare con un occhio puntato ai numerosissimi fans che seguono regolarmente la sua pagina ufficiale Facebook, con scene di vita quotidiana, scene domestiche, viaggi, concerti, i suoi programmi televisivi, vacanze, live e tempo libero: tutto rigorosamente postato in tempo reale dall’artista stesso, con foto e immagini spesso condite con la dicitura”foto di Anna”, riferendosi alla moglie che lo accompagna anche nella comunicazione”

Come nasce la tua grande passione per la musica, per la canzone d’autore e per il giornalismo?

Sembra strano ma la mia passione per la musica nasce a 7 anni.  In famiglia non avevamo la televisione in casa e andavamo a vedere dunque la tv al bar, guardavamo Canzonissima in particolare; mi sono innamorato artisticamente di Gianni Morandi e Massimo Ranieri. La prima volta a 12 anni, acquistati tre album: un LP dei Led Zeppelin, uno dei  Creedence Clearwater Revival   e un album di Gianni Morandi, “schizofrenia completa” ci dice sorridendo”

Cosa ti fa più impressione, del fenomeno social che Morandi stesso utilizza?

Mi impressionano le persone, mi impressiona la gente. A seguirlo sono anche persone che non hanno mai ascoltato la sua musica. Le persone si svegliano al mattino e “salutano” Gianni virtualmente, gli danno il buongiorno su Facebook. Tutto questo con una visione semplificata della realtà, acritica: mi spiego meglio, tutto quello che fa Morandi, va bene. Non è così, secondo il mio parere e lo affermo nel libro. Per esempio, l’operazione artistica con Fabio Rovazzi, a mio parere, è stata non alla sua altezza, non l’ho apprezzata, non mi piace e lo scrivo nel libro. La loro collaborazione nasce sicuramente da una curiosità reciproca di voler avvicinarsi ognuno al mondo dell’altro, eppure non ho gradito. Ci sono senz’altro alcune genialità nel video e lo stesso Rovazzi (reduce dalla rottura professionale con Fedez per differenti visioni artistiche) è un genio ma come connubio lo trovo inutile, trovo invece sia stata una grandissima operazione commerciale e basta”.  “Gianni Morandi – continua De Grassi – è un grandissimo interprete, artista e cantante ma ha fatto una scelta nazional-popolare che con la sua grande carriera ed esperienza alle spalle non serviva e non serve”.  “Stessa cosa dicasi dell’operazione con Claudio Baglioni “Capitani Coraggiosi”, doppio album live del 2016 in cui non trovo originalità e nulla di nuovo, nemmeno nella scelta del nome “rubato” al celebre libro di Kipling del 1897: anche qui ci troviamo davanti ad una operazione puramente e squisitamente commerciale pur con il travolgente successo di pubblico e di consensi della critica.  Al contrario, l’operazione Dalla-Morandi fu invece un connubio artistico meraviglioso, un progetto vincente di qualità da due colonne della musica italiana con grande gradimento per l’album del 1988 e un tour bellissimo”.

Come hai iniziato nel mondo del giornalismo e che rapporto hai avuto con Piero Ciampi, che hai provveduto a rivalutare?

Come giornalista ho iniziato con Duepiù, nel 1980, notissima rivista della Mondadori, giornale molto amato fine anni 60 e a cavallo degli anni ’70 e ’80. Ho cominciato poi a fare teatro, con uno spettacolo dedicato proprio a Piero Ciampi. Ho scritto di lui, organizzato eventi, rassegne; ho scritto il libro “Maledetti Amici” e tra l’altro voglio ricordare che a gennaio uscirà un altro nuovo libro su di lui, un romanzo dedicato a Ciampi, dal titolo “Il mio amore è scalzo“, una sua frase che mi è sempre piaciuta”

“Ha tutte le carte in regola per essere un artista: ha un carattere melanconico, beve come un irlandese. Se incontra un disperato non chiede spiegazioni…” .  Hai contribuito notevolmente a rivalutare Piero Ciampi, autore e interprete di una vastità, purezza e grandezza infinite. Che artista è stato Piero Ciampi? Artista fedele alla linea?

Folle, un artista folle e puro. Personalmente vorrei che Morandi a 78 anni diventasse come Piero Ciampi. L’artista puro deve avere anche la vena di follia, originalità, come era Freak Antoni e come era in particolare Claudio Lolli, altro meraviglioso artista impegnato scomparso recentemente, il 17 agosto scorso, un pezzo di cuore e un amico che è andato via.  Sul mio profilo Facebook ho pubblicato una mia foto personale tra Francesco Guccini e Claudio Lolli quando abbiamo presentato nel 1990 a Bologna il mio primo libro “Mille papaveri rossi“, storia della canzone politica italiana. Ho tanti ricordi e tanti aneddoti con alcuni tra i più importanti artisti, preso parte a pranzi e cene fenomenali con questi grandi artisti e musicisti, da Lucio Dalla a Guccini, da Ciampi a Lolli e Angela Baraldi.  Piero Lolli ha avuto anche il coraggio di scrivere una canzone contro la EMI, con scelte di assoluta libertà. Il prossimo libro lo scriverò invece su Vecchioni, grandissimo poeta: lo chiamerò “Ma che razza di Dio c’è nel cielo“, da una sua celebre canzone e analizzerò dal primo LP che si chiamava Parabola, tutte le interazioni di Vecchioni con Dio, il rapporto con la fede, una sorta di “fede-speranza e carità” in Roberto Vecchioni”.

Sei stato giornalista, direttore e anche organizzatore di rassegne e eventi, parliamone:

Come giornalista “serio”, inizio nel 1987 con molte collaborazioni. Ho organizzato anche molte serate, sono stato proprio io a inventare il premio Ciampi, ho avuto collaborazioni con Gianni Borgna (ricordiamo Consigliere Regionale Lazio, Presidente commissione cultura del Lazio, Assessore alla Cultura con i Sindaci Rutelli e Veltroni, Ndr). Ricordo serate con Jannacci, Finardi, Gabriella Ferri e tanti altri grandi artisti. Ho collaborato con il giornale Avanti per alcuni anni, ma voglio ricordare un periodo preciso: dal 1987 avevo deciso di cambiare vita e mi recai in Svizzera per un periodo; dopo un pò di tempo, decisi di arrivare a Roma e in quel momento storico di vita ho abitato per un paio di mesi con Karl Potter, percussionista statunitense. In quegli anni sono diventato amico di tantissimi artisti, organizzando numerosi eventi artistici, culturali e musicali. Ho collaborato con il giornale Avanti, quotidiano storico del Partito Socialista Italiano per la cultura e la musica, con un inserto anche domenicale sulla cultura e informazione; proprio da lì, da quella esperienza importante,  è iniziata la mia storia sulla canzone politica italiana.  Ciao 2001 – storica rivista settimanale di musica e cultura degli anni ’70 e ’80 –  invece è stata la rivista della mia infanzia: mi trovavo a Sanremo per presentare un libro e incontrai il direttore della storica rivista; grazie a quell’incontro, ho iniziato successivamente a scrivere e collaborare e sono diventato prima coordinatore, curando anche altre riviste del gruppo come Blu e Music Box (rivista simile a un tabloid) fino a diventare direttore di Ciao 2001 negli ultimi tre anni di vita del giornale”

Cosa ti aspetti da questo ultimo libro e per il tuo futuro?

Una rinascita personale e artistica, professionale.  Il tornare di nuovo in mezzo. Ritornare alla vita, al mio mondo; ho scritto testi per artisti, ho consegnato testi che alcuni cantanti non hanno saputo musicare e ho avuto numerose delusioni professionali. Ora desidero rinascere”

Potrebbe rinascere anche Ciao 2001?

Ci sto pensando, è un progetto che mi gira in testa in cui desidererei coinvolgere anche mio figlio: riportarla in vita, farla rinascere sul web, dandole una nuova veste futura, online”. 

 

 

 

 

 

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