Guidonia / Cosa resta delle amministrative?

In Politica, Primo Piano da Yari Riccardi Commenti

Condividi

Guidonia ha il suo nuovo sindaco, Michel Barbet, e la Città dell’Aria diventa così “vicina di casa” dell’amministrazione pentastellata di Roma e di Virginia Raggi. Una notte brevissima, quella del ballottaggio, con il risultato che è apparso già evidente già verso mezzanotte e mezza: un testa a testa emozionante e pieno di tensione quello che ha visto protagonisti Michel Barbet ed Emanuele Di Silvio, che hanno chiuso distanti di circa 600 voti. Il Movimento 5 Stelle ha chiuso con 10586 voti (51,45%), il Pd e il resto della coalizione di centrosinistra con 9991 preferenze e il 48,55%, il tutto per una affluenza pari al 31,61%.

Hanno votato 21182 persone su 67012 aventi diritto. Di fatto un guidoniano su tre ha scelto di non votare, una percentuale emblematica che unita a quella del primo turno (48,62%) mette in evidenza il distacco di una parte della città – la maggioranza, su questo pochi dubbi – dalla politica, dalla cosa pubblica e da tutti gli annessi e connessi.

Non un discorso “ideologico”, ma totalmente “bipartisan”: la necessità di riavvicinare una parte di chi non ha votato non può che essere una delle priorità della nuova amministrazione. Del resto i dati dell’affluenza non hanno fatto altro che confermare quanto accaduto nella campagna elettorale, durante la quale gli eventi di maggior successo hanno registrato un “pubblico” di 200 persone.

Il simbolo sono stati proprio i confronti pubblici tra i candidati, in particolare quelli per il ballottaggio: pochi cittadini “non tifosi”, i dibattiti si sono sempre svolti davanti a calorose e poco nutrite “claque”, dando spesso vita a confronti molto “politici” ma altrettanto sterili, senza quella concretezza decisamente necessaria alla situazione vissuta dalla città in questi mesi.

Elezioni senza gente, che non è più attratta da partiti, liste civiche ed altre realtà varie: al netto di chi ha visto crescere le proprie preferenze, il dato, l’unico che non ha bisogno di interpretazioni, è che la maggioranza appartiene a chi non ha votato.

Il Movimento 5 Stelle era chiamato a non fallire l’appuntamento elettorale, non dopo gli avvenimenti di questi ultimi anni: tra arresti degli uomini simbolo delle amministrazioni di Eligio Rubeis (tra gli altri il sindaco ai domiciliari, ai domiciliari per un anno e mezzo, e  il vicesindaco facente funzioni Andrea Di Palma, a Rebibbia da aprile) e provvedimenti dell’Anac, scandali vari e deficit finanziario segnalato dagli organi preposti e confermato dai mesi di amministrazione commissariale, gli attivisti non potevano mancare anche stavolta all’appuntamento con la vittoria: una eventuale sconfitta al ballottaggio avrebbe sancito probabilmente l’inizio del declino per il Movimento 5 Stelle di Guidonia.

È stata proprio la candidatura a sindaco di Michel Barbet il momento più critico per il Movimento, un nome che ha sorpreso praticamente tutti, dagli attivisti stessi all’opinione pubblica, quando tutti si aspettavano Sebastiano Cubeddu o Giuliano Santoboni. Scelta, quella di Barbet, sempre difesa da entrambi gli ex portavoce e dagli attivisti tutti: attorno al neosindaco -si andrà a formare una maggioranza di 15 consiglieri e una giunta con tutta probabilità “tecnica”, adatta ad affrontare le criticità della città. La vittoria alle elezioni è un primo passo (che in pochi, anche tra i pentastellati, si aspettavano): ora serve governare, e serve farlo come la città merita, anche per convincere quelle tante persone che ieri hanno lasciato la scheda elettorale nei loro cassetti.

Bruciante la delusione per Emanuele Di Silvio e per la sua coalizione. Una vittoria sfumata di circa 600 voti. Il ballottaggio è quanto di più somigliante alla calcistica “lotteria dei rigori”: sul candidato del Pd di Guidonia, oltre ad errori di valutazione – ha evidentemente “pagato” di fronte all’opinione pubblica la vicenda legata alla presenza dell’ex assessore alle Finanze Adriano Mazza – e alla scelta legittima degli elettori, ha pesato probabilmente quel “fuoco amico” ormai tipico di certe dinamiche del centrosinistra locale. Che in molti all’interno del Pd non fossero sostenitori del candidato sindaco era fatto noto ormai da mesi, e in effetti sembra essere mancato il contributo di una parte della classe dirigente del Partito e degli stessi candidati in consiglio comunale: un motivo ci sarà pure se il primo comunicato dopo una sconfitta elettorale chieda le dimissioni del segretario provinciale e torni a parlare del caos post primarie, senza dimenticare alcuni commenti social da parte di esponenti del Pd che non sembrano essere particolarmente affranti per la debacle del 25 giugno.

A questo si aggiunge la scelta da parte di Di Silvio di non apparentarsi, che ha portato numerose polemiche – la più rumorosa quella appunto sulla presenza di Adriano Mazza durante l’incontro con Giorgio La Bianca – e innescato dinamiche che hanno condotto, per esempio, alcuni fronti della coalizione civica (così come Uniti per Vincere) a invitare – pur nella libertà di scelta – i propri elettori a votare per il Movimento 5 Stelle. Senza diffondere simboli, ovviamente, ma facendo girare nei vari gruppi la foto di un cono gelato di una nota marca che andava a ricordare proprio i pentastellati.

Dinamiche del tutto politiche, tipiche di un turno di ballottaggio, che hanno dato un po’ di pepe ad una campagna elettorale strana e breve, intensa solo nella parte finale.

 

Condividi