Riceviamo e pubblichiamo. Da Libera: “Boss e politici fanno affari nel Centro Italia” (di Antonio Turri)

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Mafia e non solo. Il tessuto economico e sociale del Lazio è stato intaccato dalla presenza dei boss. E soffre di una diffusa illegalità, come dimostrano, solo per fare un esempio, i dati raccolti da Legambiente nell’ultimo Rapporto Ecomafia: prima in Italia come numero di illeciti ambientali, la regione è da tempo stabilmente nella top five dell’abusivsmo edilizio. Sul versante politico la situazione non è diversa. Le realtà più esposte sono le amministrazioni comunali. L’ultima in ordine di tempo è quella Sabaudia, provincia di Latina. Tra gli eletti in Consiglio comunale figura un imputato per riciclaggio in un processo per mafia. Alcuni assessori, invece, sono indagati o imputati per gravi abusi edilizi. A Sabaudia si aggiunge Fondi. Vicenda nota, ma che vale la pena

riassumere. Il Comune viene candidato allo scioglimento dalla Commissione di accesso inviata dall’allora prefetto Frattasi. Ma nonostante le dichiarazioni del ministro degli interni Maroni, dello scioglimento non se ne fa niente. Il governo, allora, decide di non decidere e la maggioranza si auto-scioglie, con le dimissioni dei consiglieri e l’aggiramento della normativa antimafia. Un esempio destinato a fare scuola. Prima di Fondi è stato il caso di Nettuno, provincia di Roma. In questo caso, tuttavia, si è arrivati al commissariamento e alla successiva elezione di un nuovo Consiglio comunale. Tre esempi, diversi tra loro, che dimostrano la fragilità della politica nel contrastare l’avanzata dei clan. Le mafie, infatti, tendono a strutturarsi in soggetti economici,

politici e sociali sui territori dove si insediano. L’iter del radicamento è preceduto dall’arrivo di professionisti ed imprenditori espressione dei gruppi criminali. La strategia di controllo del territorio si sviluppa su due direttrici: l’assoggettamento della criminalità comune, e il reinvestimento delle risorse accumulate. Per operare in questa seconda fase, le mafie hanno bisogno di annettere al sodalizio imprenditori e politici locali.

A questa aggressione lo Stato risponde con gli apparati di polizia e con la magistratura. Ciò ha prodotto risultati eccellenti che necessiterebbero di un rafforzamento dell’aspetto legislativo.

Quello che ancora è insufficiente è l’altalenante impegno della politica, dell’imprenditoria e in genere della classe dirigente del Paese. C’è stato un maggiore impegno di settori della società responsabile, ma da solo non è sufficiente per contrastare le attività criminali. La conseguenza di ciò è che il mafioso tende ad assumere “un volto umano” e si trasforma sul territorio in datore di lavoro o referente della politica locale. Viene accettato, senza riserve, da moltissimi cittadini che sopperiscono, con tali figure, alla mancanza della buona politica.

Se così non fosse non si spiegherebbe il consenso e la copertura sociale a molti mafiosi che siedono negli organismi elettivi. Una prova su tutte; l’invito della Commissione antimafia a vigilare sulla composizione delle liste elettorali, affinché non siano eletti mafiosi o corrotti resta quasi sempre disatteso. Anche nel Lazio.

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