Guidonia. L’assurda morte di Aldo, un altro degli Invisibili della città

In Primo Piano da Yari Riccardi

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aldo 1“…Sai, non ho moglie. Non ho figli. Non ho neanche una casa dove vivere (…) Non ho nemmeno una donna che mi metta la mano sulla spalla quando piango. Sono solo, ragazzo, molto solo. Però va bene così. A volte penso che vorrei morire. Poi bevo e dimentico di averlo pensato e intanto corro più velocemente verso la fine. Scusa se ti ho detto cose tristi. E’ solo la verità. E’ che a volte, guardandomi intorno, mi chiedo se tutto ciò che abbiamo fatto allora avesse davvero un senso (…) chissà se poi esiste davvero il paradiso. E chissà se mi ci faranno entrare (…) Qualcosa doveva restare della mia vita e della nostra storia…” Non lo sappiamo quello che ha pensato Aldo, mentre il sangue usciva dal suo corpo e entrava la Morte. Forse queste parole, forse altre, ma non è certo questo quello che conta.  Conta che un uomo, 62 anni, signore distinto, è morto da solo in una una cantina in via Archita da Taranto, nella notte tra giovedì e venerdì. Stroncato da una emorragia. Centro Storico di Guidonia. Una storia dell’indifferenza di molti e dell’aiuto di pochi. La cantina dove Aldo viveva era piccola, angusta, soffocante, oscura. Di fuori un cortile della Guidonia di una volta, le famose “palestre”, panni stesi ad asciugare, bambini che giocano. Dentro, nella cantina, niente corrente nè acqua per Aldo. Sempre meglio che vivere per strada, o occupare una abitazione che non è tua, come spesso accade. Eppure, chi lo ha conosciuto, anche chi l’ha visto un paio di volte, mai avrebbe pensato che Aldo vivesse in quelle condizioni. Uomo distinto, dignitoso. Sguardo fiero e malinconico.La sua storia ce l’ha raccontata Gaetano, un uomo che ogni giorno li portava da mangiare, che ha condiviso con lui serate in cui il freddo era pungente e cattivo, e il caldo nella cantina opprimente e insopportabile. Ma sempre meno della solitudine. Un amico, per un uomo che la vita ha preso a schiaffi troppe volte, e che fino alla scorsa settimana si era sempre rialzato. Un uomo conosciuto a Guidonia. E’ stato proprio Gaetano a trovare il corpo di Aldo. Non lo vedeva da qualche ora, sapeva che stava male, e un piatto di riso era quello che ci voleva. Da quel momento in poi è subentrata la burocrazia della morte – sarebbe sicuramente auspicabile scrivere un giorno “la morte della burocrazia”: la stessa che si dimentica di Aldo, quella che non dà la casa a Rocco e lo lascia per strada per anni, la stessa burocrazia che aveva tolto la pensione ad Aldo e che, proprio mentre scriviamo, ha deciso di dargliela di nuovo, con relativi arretrati – che ha reso il tutto più grottesco. Tra telefonate alle onoranze funebri, confusione di chi dovrebbe saper gestire una emergenza di questo tipo ma che la mancanza di procedure chiare ha reso terribilmente complicata – il corpo di Aldo è stato “assegnato” appunto a Gaetano. Onoranze funebri, contatti con il comune per il funerale e il fornetto, e tutte le annose questioni che riguardano la morte. Avere a che fare con le scartoffie anche davanti a un dramma è davvero incredibile. Come è tremendamente ironico il fatto della pensione di Aldo: lui lo sapeva, e da quella cantina, giustamente, sarebbe andato via presto. Sognava, come è giusto che sia. E la morte vera arriva solo quando uno smette di crederci in un futuro migliore. Ma il Destino, o chi per lui, non concede tempo. E spesso non concede nemmeno perdono, il lato più amaro quando muore un uomo, o una donna, e muore da solo. Resta da domandarsi come sia possibile che tante persone vivano nelle condizioni in cui stava Aldo, e ci restano per anni. Resta da chiedersi come sia possibile che muoiano ancora persone in questo modo, nel centro, praticamente, di una città grande come Guidonia. Evidentemente queste cose non accadono solo nelle metropoli.  Ci restano perchè chi deve vedere non vuole vedere, ci restano perchè la burocrazia rende quasi obbligatoria la loro condizione, perchè chi passa davanti a una cantina non immagina nemmeno che lì ci viva un uomo, e quindi nemmeno si pone il problema. Ci restano perchè ormai siamo abituati a chiudere gli occhi, perchè non è un nostro problema. Ci restano fino a che uomini che sono stanchi di chiudere gli occhi, come Gaetano – e come Emanuele, altra persona molto vicina all’uomo – di fatto potenzialmente un “passante”, realmente la persona che più a cuore aveva preso Aldo e la sua storia, intrisa di dolore e di una assoluta dignità, decidono di tendere una mano. Ma spesso una mano tesa non basta, quando subentra la fatalità.  Una mano tesa, prima di questa  morte, e nella crudeltà di una morte del genere, rappresenta un briciolo di speranza, di luce. Aldo non è stato del tutto dimenticato, anche se per molti era e resta un Invisibile.
“…Lei non si deve preoccupare di niente. Io penserò a tutto. La porterò via da qui, cercherò tutti gli amici che l’hanno conosciuta e li riunirò intorno al suo ricordo. Li Troverò. Saremo tutti insieme a lei nel giorno dell’addio. Per quel poco che posso aver capito dei suoi sentimenti oggi le dico che ciò che lei ha fatto resterà per sempre e quello che non è riuscito a fare dopo lo consideri un riposo meritato. Nessun ideale di giustizia può essere sotterrato o annegato per sempre nel vino. I sogni galleggiano. Sì, è vero, gli uomini sono pigri e un po’ codardi, ma prima o poi la paura li sveglierà. Sul paradiso non abbiamo certezze ma se ha lottato per la libertà stia sicuro che la cosa non può passare inosservata. Non sarebbe né bello e né corretto, no?…” Di nuovo, immaginiamo pensieri di chi era vicino ad Aldo, che non magari saranno questi ma ci si avvicinano un po’. Li immaginiamo usando parole, come sempre perfette, di chi certe cose le sa raccontare molto meglio di noi (http://ferrara.blogautore.repubblica.it/2012/02/05/la-luce-della-luna/comment-page-1/). Ma alla fine, quando muore un uomo, e quando muore in questo modo, l’immaginazione è quella che salva. Non lui, ma noi che restiamo, che possiamo immaginare, almeno per il Dopo, un qualcosa di meglio. E noi immaginiamo di mandare un bacio in Cielo, per Aldo, e per chiunque parta da questo mondo in un modo così indegno. E per chi muore così, la garanzia di un Paradiso, o di un degno surrogato, è  davvero il minimo. Anche perchè quelle scale, e quel ingresso di quella cantina sono state un perfetto sostituto dell’Inferno.

 

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