Tivoli. Meno fondi, più assunzioni: il controsenso del bando per i servizi sociali territoriali secondo SEL

In Cronaca & Attualità, In Evidenza da Yari Riccardi Commenti

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Bando importante, quello per i servizi sociali territoriali. Assistenza domiciliare ad anziani e disabili, il centro diurno, i centri di sollievo per anziani fragili. Tutto questo è in procinto di essere affidato a Tivoli. Coinvolti 70 operatori sociali e centinaia di utenti con le loro famiglie. Coinvolti loro malgrado, aggiunge il circolo di SEL della Città dell’Arte. Perché “il budget milionario impegnato dal Comune di Tivoli, tra risorse proprie, regionali e nazionali, si è ridotto di circa 500.000 euro, a causa delle ristrettezze del bilancio comunale e dei tagli alle spese sociali decise dal governo dei tecnici. Ci si aspetterebbe, di conseguenza, una riduzione o una razionalizzazione del numero degli operatori sociali impegnati in questi servizi. Incredibilmente, invece, gli operatori richiesti aumenteranno da 70 a 110”. Meno fondi, più assunzioni? Per spiegare l’accaduto SEL ricorre ad una metafora evangelica, con il sindaco Gallotti che “moltiplica i pochi pani e i pochissimi pesci a disposizione. Saremmo pure disposti a scontrarci con un’altra infornata di assunzioni clientelari, se non fosse purtroppo evidente che i primi a pagare il costo dell’inganno che si profila saranno proprio gli operatori e gli utenti dei servizi sociali”. Ovviamente, non c’è nessun tipo di miracolo. Anzi, è evidente come non possano convivere i fondi ridotti e l’aumento degli operatori. Le nuove assunzioni si tradurranno in una diminuzione delle ore di lavoro prestate da ciascuno e di conseguenza diminuiranno pure i già magri stipendi degli operatori sociali. I contratti a tempo indeterminato subiranno una generalizzata riduzione di più di un terzo del loro valore e gli stipendi di circa 1000 – 1100 euro scenderanno a 750 – 850 euro al mese”. Scenario che in tempi di magra non può essere di certo visto di buon occhio da nessuno. Ovviamente non dagli operatori sociali, vittime da sempre di un settore che lavorativamente parlando può essere solamente una vocazione, viste le difficoltà con le quali convivono tutti quelli che si occupano di sociale. La chiusura di SEL non lascia spazio ad interpretazioni. “Gallotti potrà pure raccontare la panzana dell’aumento dell’occupazione, ma sarà un’occupazione precaria, sfruttata e sottopagata, che mette a rischio le professionalità cresciute in 20 anni di servizio. Ci chiediamo se sia lecito imporre agli enti aggiudicatari della gara quanti e chi siano gli operatori da impegnare. Questa gente, che si spaccia per portatrice di ideali di libertà economica e sociale, è invece interprete, mano e voce di una becera cultura clientelare che utilizza le risorse di tutti per gli interessi di pochi, fregandosene della professionalità, della passione civile, dell’impegno sociale dei molti”. Occupazione precaria, sfruttata, sottopagata. Il ritratto dell’ultimo decennio in Italia. Nulla di nuovo. E c’è qualcuno che dice che il posto fisso può essere monotono. Molti proverebbero senza dubbio la noia. 

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