Guidonia. Un Uomo, una storia di notte

In Cronaca & Attualità, In Evidenza, Primo Piano da Yari Riccardi

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Il giorno. La città viva, le tastiere accese, gli occhi aperti, i telefoni connessi. La notte. Le strade vuote, quasi sempre. Gli occhi chiusi. Le luci spente. Quelle delle case degli altri. Perchè per chi vive la Strada le luci sono quelle dei lampioni, quelle dei fari delle macchine, poche, che nel centro di Guidonia in mezzo alla settimana di notte tornano a casa. Chi vive la Strada – non in Strada, c’è una bella differenza – a volte si ferma. La salute malferma, il cuore tremolante, la stanchezza di una giornata, l’ennesima, in bilico tra il buio e la luce, tra gli sguardi cercati e negati, tra una sigaretta chiesta non per il fumo ma per la necessità di raccontare. Di parlare. Di non camminare solo pure oggi. Luce, quella delle sirene di un ambulanza, unica porta aperta di notte per un uomo che è stato trovato nella notte tra martedì e mercoledì, riverso a terra in via Leonardo da Vinci. Le risposte sconnesse, le gambe tremolanti, la voce roca e spesso incomprensibile. Una prima segnalazione alle forze dell’ordine, e una seconda al 118, perchè quell’uomo non dava cenni ai ragazzi che lo hanno trovato. Faccia sul marciapiede. Intorno il buio. Ai piedi, segnati dal lungo cammino, scarpe estive, senza calzini. Tremava, l’Uomo. L’infermiere del 118 l’ha trovato così, lui ha reagito e si  alzato. In viso i segni della caduta, graffi e sangue ormai secco. Non ci è voluto andare al Pronto Soccorso. Una ciambella, un cornetto, una coperta e una bottiglia d’acqua. La notte si sconfigge anche con una boccata di fumo che esce dalla bocca seccata dal freddo e un sorriso sdentato, con un paio di risate e quattro parole scambiate sul destino cinico e baro. Le sigarette finiscono, la notte continua. Quella panchina è un giaciglio comodo, ora che è stata riscaldata da un po’ di calore. Quello delle parole, dei sorrisi, degli sguardi non pietosi ma indignati per l’indifferenza che c’è intorno. Quello di un intervento più umano che sanitario da parte del 118, che disinfetta le ferite del’Uomo e se ne va, non prima di aver chiesto se davvero non ci voleva andare, all’ospedale. “E che ci vado a fare, lasciami qui, sono soltanto le due”, mentre azzanna una bomba con la crema donata dai sanitari, probabilmente la cena per quell’Uomo. Le luci delle case degli altri sono spente. Quella della casa dell’Uomo, che per questa notte è stata la strada, si spegne col primo sole del mattino. Quando gli occhi si aprono, la città rivive, i telefoni tornano ad essere connessi e le tastiere ad essere colpite. Il giorno inizia, c’è qualcosa per cui indignarci. Siamo pieni di cose per cui farlo. Il Sole cala, e in strada succedono cose. Fatti. Storie. Una macchina a folle velocità in centro, un sospetto pacco bomba, due evasi da cercare anche qui, le chiavi nella toppa girate tre volte e le grate alle finestre, le luci spente e gli occhi chiusi, non si sa mai. Pezzi di vita potrebbero pure farsi largo tra gli occhi e i pensieri, il rischio da evitare è quello di essere scossi.  Questo c’è, di notte. Ma c’è anche il viaggio di un Uomo, che saluta sorridendo senza un dente e promette che domani avrà nuovi pantaloni, perchè quelli che ha indosso sono ormai troppo larghi. E non per sua scelta. Un Uomo cammina. Ancora. Mentre le luci, quelle del giorno, si accendono su altre storie, su altre facce, su altre vite. Talvolta molto meno degne di essere raccontate.

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