Vandalismo a Tivoli: un viaggio in in un futuro che non vogliamo

In Ambiente & Territorio, In Evidenza, Primo Piano da Elena Giovannini

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Lampioni rotti, muri sporchi, secchi rovesciati. Dalla realtà alla fantasia: il bello di immaginare futuri impossibili è pensare che le cose possono andare meglio, è prendere le distanze da ciò che non vorremmo diventare. Siamo ancora in tempo…
Un futuro non troppo lontano. Per raggiungere piazza Garibaldi il percorso è accidentato tra segnali stradali a terra, bottiglie rotte e mozziconi di sigarette ovunque: l’ultima battaglia contro i vandali è stata persa. Tutto è iniziato con qualche secchione rovesciato per strada, panchine rotte, monumenti vandalizzati. Non si faceva in tempo a mettere su un lampione che subito qualcuno,( per divertimento oper idiozia) già lo aveva rotto. Accanto a lapidi commemorative e monumenti fiorivano poetiche invettive contro donne dai costumi lascivi “Tatiana troia” o romantiche discussioni di partite di calcio: “71 Lulic t’ho alzato la coppa in faccia”. Gli anni zero sono stati anche questo, a futura memoria.
Ma il comune non si perdeva d’animo, ristrutturava, migliorava, pagava. Con i soldi di tutti. Quei tutti che ogni mattina, nella città si svegliavano, facevano la spesa, andavano al lavoro, accompagnati dalle nuove prove di una distruzione silenziosa che agiva ogni notte, metodicamente: una nuova scritta, una nuova panchina rotta, un secchione tirato giù da Ponte Gregoriano. Occhi sempre più spenti, sempre meno pronti a guardarsi intorno: infondo non c’era molto da vedere. In fondo era sempre stato cosi’, e comunque che Tatiana era un po’ una poco di buono si sapeva.
Con gli anni, si erano arresi tutti. Gli atti vandalici non facevano più notizia, non stupivano più nessuno. La città portava addosso i segni di una guerra combattuta e persa (senza spari e senza colpi, solo silenzio e accettazione). Una guerra alla bellezza, a ciò che di bello poteva rimanere o esserci mai stato, all’idea legittima di uscire di casa nella città in cui si è scelto di vivere e portare un bambino al parco senza che legga sui muri un nuovo dizionario illustrato di bestemmie.
Così in questo ipotetico futuro si è persa la memoria di quella città che sarebbe potuta essere un centro di primo piano del turismo romano, con le sue Ville e i suoi parchi. Un piccolo monumento alla storia e alla civiltà all’ombra dell’eterna Roma. Si fosse trovato in un’altra nazione sarebbe stato un centro d’eccellenza di turismo, uno dei tanti che molti italiani visitano pagando spesso cari prezzi, per vedere cose che valgono meno di quelle cui passano davanti tutti i giorni. Ma l’abitudine troppo spesso chiude gli occhi, mentre un biglietto di ingresso di 20 euro costringe a tenerli ben aperti.

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