“Alla vetta non ci si arriva, vetta si diventa”: Villanova saluta il Maggiore Denis Di Vincenzo

In Cronaca & Attualità, In Evidenza, Primo Piano da Yari Riccardi

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“…Noi siamo uomini, ma saliamo verso di Te dimentichi del peso della nostra carne,

purificati dei nostri peccati. Tu, Dio, dacci le ali delle aquile, lo sguardo delle aquile,

l’artiglio delle aquile,  per portare – ovunque Tu doni la luce – l’amore…”

Parla di salite, di coraggio, di pace la Preghiera dell’Aviatore. E sembra scritta perfettamente per Denis Di Vincenzo, il maggiore dell’Aeronautica morto dopo un incidente sulla vetta del Monte Cristallo. E’ fortissimo l’abbraccio che Villanova ha riservato al ragazzo, una cerimonia densa di emozioni, di lacrime e di ricordi. Un funerale dove si è celebrata la vita di un uomo caduto mentre stava facendo una delle cose che più amava. “Alla vetta non ci si arriva, vetta si diventa: ed è per questo che Denis oggi è diventato vetta, e a lui aspiriamo, perché è stato un missionario, capace di donarsi agli altri”: così don Flavio, parroco di Villanova, ha parlato nell’omelia. Il picchetto d’onore dei militari dell’Aeronautica ha salutato l’arrivo nella chiesa di San Giuseppe Artigiano di Denis, avvolto nel tricolore. Intorno a lui tanti militari, tanti amici, la famiglia del maggiore, colma di un dolore che pochi possono comprendere, ma circondata dall’amore, quello di un padre e una madre per il proprio figlio, quello di una sorella per un fratello, quello dei nipotini per il loro zio, quello di Denis per la sua famiglia. Quello di chi ha deciso di esserci: la chiesa era piena di persone, accorse tutte per l’ultimo saluto a Denis, ragazzo riservato, socievole e sorridente, responsabile e generoso. Esperto alpinista, era nato a Tivoli e residente a Guidonia: è morto lunedì 10 agosto, trascinato via dal destino, mascherato da roccia e da dirupo, mentre praticava una delle sue passioni più grandi. “Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto  – così ha chiuso l’omelia Don Flavio, riprendendo le parole di Don Oreste Benzi – per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all’infinito di Dio”, con queste parole il sacerdote ha tentato di dare forza alla famiglia. La cerimonia si è chiusa con la lettura della preghiera dell’Aviatore, e con i ricordi, tanti, dolci, e belli. Quelli che la morte la scacciano via, quei ricordi che tra ti fanno sorridere tra le lacrime. Ha cominciato la sorella di Denis, Michela, che con la voce rotta dal pianto ha prima ringraziato tutti quelli che hanno aiutato la famiglia a riprendere la salma del fratello da Cortina – “una macchina logistica degna dei caduti in missione, un servizio indescrivibile” – e poi ha parlato del fratello. Lo ha raccontato lei e lo ha fatto anche attraverso tante letture e attraverso lettere, tante, di chi Denis ce l’ha e ce l’avrà sempre nel cuore. “Sei salito ancora di grado, e ora sei un angelo. La vita senza un fratello è come un albero senza radici: se Denis non avesse vissuto tutte le sue esperienze, sarebbe morto ogni giorno. Invece oggi è vivo, ed è nel nostro cuore”. Pezzi di vita, quella che non sparisce. Pezzi di vita che parlano d’amore e di amicizie che stanno lì a ricordare come spesso chi muore esiste ancora nel cuore di chi resta. Pezzi di vita che ha regalato Marco, uno degli amici più stretti del maggiore. Picchetto d’onore all’esterno, palloncini tricolore volano nel cielo. Lacrime, abbracci e tanti sguardi verso l’Alto. Nella sua scalata verso il Cielo, Denis non era certamente solo. Nel suo zaino il dolce peso dell’amore che prendi e dell’amore che dai. La prova era lì, sotto il sole di un tristissimo giorno d’agosto.

 

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