Notte da incubo per salvare un cane ferito: un’odissea tra Guidonia e Tivoli. Il racconto di Serena

In Ambiente & Territorio, Cronaca & Attualità, Primo Piano da Yari Riccardi Commenti

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Cosa fare quando si incontra un animale ferito? Come comportarsi? E soprattutto, dove portarlo? Domande alle quali è facile dare una risposta. In posti dove i servizi sanitari – sia per uomini che per animali – sono efficienti, o perlomeno, esistono le risposte a queste domande, che non restano così vuote. Molto più difficile rispondere quando certi fatti accadono tra Guidonia e Tivoli. Emblema di tutto questo è la storia che ci ha raccontato Serena: una storia che parla di animali, ma che è emblematica di certe condizioni di queste zone. “Stavo tornando da Mentana verso le 10 di sera, e passando per via della Selciatella, nei pressi della Madonnina, vedo alcune sagome che si muovono sull’asfalto”. La strada è buia, circondata da prati. Poteva essere qualsiasi animale: era invece una bella cucciolata di 6 cani, razza ignota, che sedevano in mezzo alla carreggiata. Serena suona il clacson, ma gli animali proprio non ne vogliono sapere di togliersi. La ragazza scende, e si accorge che uno dei cani era a terra. Sangue dalla bocca, immobile, ma respirava. Probabilmente era stato appena investito.Si ferma una macchina – non dobbiamo essere noi a sottolineare quanto la situazione fosse rischiosa, al buio, in mezzo alla strada…gli occhi di Serena confermavano l’ansia di quel momento – e scendono alcuni ragazzi, che tentano di aiutare Serena occupandosi degli altri cani. Il piccolo stava morendo. “Chiamo il mio veterinario: segreteria telefonica. Chiamo il 113: mi dicono di chiamare la ASL. Chiamo un’altra struttura, e mi viene risposto che il veterinario è disponibile se il cane è di proprietà, altrimenti no”. Questa sì che si chiama assistenza agli animali. Qui comincia l’odissea di Serena e di chi le era al fianco quella sera. Prima tappa a Guidonia, veterinario in via dell’Unione: chiuso anche questo. “Ci ricordiamo che a Bagni c’è un veterinario notturno, vicino la caserma dei carabinieri. Bene, ho pensato: potevano aiutarci. Entro in caserma, spiego l'accaduto soffermandomi sulla gravità. Da dietro il vetro il carabiniere mi guarda come se fossi stata un extraterrestre, non sapeva chi chiamare, non conosceva il numero né la via del veterinario nei pressi della caserma, non sapeva come aiutarmi”. Tra l’altro, la Asl aveva risposto a Serena, in una delle prime chiamate, di far richiamare dai carabinieri, ma evidentemente è una procedura che non tutti conoscono. Inizia l’iter della denuncia,  minuti lunghissimi, il tutto mentre il cucciolo soffriva terribilmente. “Alla fine riusciamo ad avere il numero di un veterinario della Asl, che fa servizio notturno, e che ci dice che avrebbe mandato al più presto un dipendente a prendere il cane. Nell'attesa estenuante facciamo un giro su internet, e vediamo dei servizi notturni, tutti a Roma. Tivoli e dintorni niente”. Arriva mezzanotte, e arriva un furgone: scende un uomo, saluta il carabiniere e prende l’animale, pieno di sangue e escrementi. I ragazzi chiedono dove avrebbe portato il cane. La risposta: “Al canile”. Luogo adatto, ovviamente, per gli animali feriti. Serena non ci sta. “Ribatto che il cane ha bisogno di essere operato da un veterinario, e lui mi rassicura che il dottore c'è, e che avrebbe deciso lui se operarlo. Poi chiedo dove sta questa sede e lui mi risponde che sta a Villa Adriana, in via Galli. Mentre va via, il carabiniere lo congeda dicendo che non c‘è bisogno di timbro, visto che per quella notte era già il secondo caso del genere”. Viene normale domandarsi allora perché tutto questo non sia stato fatto subito, visto che era già il secondo caso, e visto che il tempo perso è stato molto. Tempo che poteva essere guadagnato per dare cure a un cane che stava morendo. Ma è una risposta che non sappiamo dare: aveva ragione chi diceva che lo “scopo della burocrazia è di condurre gli affari dello Stato nella peggior possibile maniera e nel più lungo tempo possibile”. Tuttavia, non è questa la sede più adatta per parlare di sociologia. Anche perché la storia non è finita. Il cane quindi viene portato via. “Vado anche io a via Galli, ma non c’è nessuno. Né una luce, né il cane, né un furgone né un dottore”. La sorte del cane resta così ignota. La mattina dopo Serena chiama tutti gli uffici della Asl, tra Guidonia e Tivoli. “Nessuno mi ha risposto. Anzi uno si, del controllo alimentare. Il numero di emergenza veterinaria è spento”. Fine degna di una storia assurda. Di una storia assolutamente  vera. Del cane nessuna notizia: resta la rabbia in chi ha vissuto una notte del genere, e un senso di impotenza con il quale continuiamo a fare i conti.  Sempre più difficile da sconfiggere.

 

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