Guidonia. Il concerto di Emma Marrone infiamma l’ultimo giorno di festa

In Primo Piano, Roma Est, Spettacolo da Yari Riccardi Commenti

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Una domanda è abbastanza scontata. Mettendoci nei panni di chi ha portato avanti l’ultima Festa di Guidonia, scintilla per numerose polemiche, ci siamo chiesti se, alla fine, ne è valsa la pena. Guardando le decine di migliaia di persone che nella sera di martedì hanno assistito al concerto di Emma, sentendo le loro voci, guardando i loro occhi, anche la risposta è abbastanza scontata. Ne è valsa la pena, nel momento in cui un evento di questa portata riesce nel migliore dei modi nonostante alcune pecche organizzative, o nonostante lo sfavore dei pronostici. Già, perché Guidonia non è più abituata, da anni, a ospitare eventi di questa portata: Emma può naturalmente piacere o non piacere, ci mancherebbe altro, ma parliamo, oggi, di un grande nome della musica italiana. Che per un paio d’ore ha cantato – anche bene – ed ha intrattenuto il pubblico come solo un concerto sa fare. Ci sono i gusti, e questo è un altro discorso. Ma portare Emma a Guidonia vuol dire evitare a una famiglia di spendere circa 100 euro per andare a sentirla da altre parti. Vuol dire dare una certa risonanza al nome Guidonia (ripetuto più di una volta dalla cantante). Che poi sia un prodotto di un talent show va bene, che non piaccia va altrettanto bene, così come va bene essere appassionati di lei e delle sue canzoni. Ma questo fa parte del meraviglioso gioco dei gusti e delle scelte. Che per fortuna è ancora concesso. Emma ormai è uno dei nomi forti della musica italiana, e lo ha dimostrato la piazza, gremita e unita nel cantare – non solo adolescenti, molte mamme e molti maschietti: tutti impazziti al momento dell’ingresso sul palco di Alessandra Amoroso, che ha duettato con Emma sulle note di “Non è l’inferno”– le canzoni previste dalla scaletta: logico che abbia un seguito forte. Quindi un concerto del genere, qui, è un evento. Ed è un evento andato bene, a coronare una festa che ha visto coinvolte circa 25 associazioni, che ha ritrovato la splendida tradizione dei Giochi sotto la Torre organizzati dal Comitato per il Carnevale, che ha offerto spettacoli per tutti. E che ha valorizzato talenti per ora locali, ma che mirano a ben altre platee: su tutti Mirko Boemi e Francesco Polucci. Festa quindi che è proseguita nel solco delle precedenti due, che hanno visto il rinnovamento del comitato, che ha lavorato in perfetta sinergia con l’assessore alla Cultura Andrea Di Palma e il suo ufficio. Comitato e assessore che ci ha messo la faccia per tutti e 5 i giorni di festa: non sono mancati infatti momenti di confronto con i cittadini che passavano dalle parti della pinetina comunale.“Quando si lavora per il bene della città – ha spiegato Di Palma – non ci possono essere timori: eravamo certi già prima di iniziare di aver preparato una bella Festa. I fatti ci hanno dato ragione”. Sulla stessa lunghezza d’onda  il presidente del  Comitato Donato Montanari, che ha rivendicato il buon operato del comitato stesso, sottolineando come “il programma è stato deciso da noi, in nome di una collaborazione che ha funzionato perfettamente con l’assessorato: senza questa comunione d’intenti non avremmo fatto nulla”. E’ un triangolo perfetto, quello descritto da Donato. Risorse – Competenze – Lavoro. “Chi mette le risorse e chi tramite le proprie competenze riesce a farle fruttare: questo c’era da fare, e questo abbiamo fatto”. Di Palma riprende un concetto a lui molto caro, quello della contrapposizione tra un evento e tutto il resto. “Paragonare un evento del genere, e non mi riferisco solo al clou di Emma, a una buca per la strada, a un tombino che non funziona, o a qualsiasi altra disfunzione di questa città non ha senso. E’ scorretto. Perché una Festa, una manifestazione, un concerto, uscirebbero sempre con le ossa rotte. Questo è uno dei problemi più duri a morire di questa città: come si fa a dare una identità ad un posto come Guidonia? Ci saranno anche altri modi, ma quello migliore, quello che rende felici di esserci, anche per un solo giorno, è tentare di riunire tutta la cittadinanza. Per ritrovare il piacere di viverla questa città”. Sui costi della festa ci basta solo ricordare quello che ha detto Marco Bertucci a Domenico De Vincenzi durante l’ultimo consiglio comunale, quando il capogruppo del PD ricordava le sue ingenti spese all’epoca in cui era assessore alla cultura. Spese concesse, altri tempi. Ora no. Così Bertucci: “Prima si spendeva e ora dobbiamo pagare sempre?”. Che il consigliere abbia difeso la festa o meno non importa. Importa il concetto. Visto che i fondi della Cultura, così come quelli degli altri settori, non si possono trasferire – per essere chiari, con i soldi della Festa non sarebbero stati pagati sussidi, o costruito scuole, o sistemato parchi: perché non si può fare – ad altri settori, il punto diventa ancora più semplice di quello che è, a maggior ragione quando il bilancio comunale assegna fondi senza dubbio minori rispetto ad altri settori. Se questi soldi – sulla quantità sarà interessante fare confronti con altre manifestazioni del passato e del quasi presente –  sono serviti a fare un piccolo passo per fare ritornare Guidonia ad essere comunità, allora sono stati soldi spesi bene. Nessuno si è fatto la domanda se Guidonia avesse bisogno di una festa del genere. E pochi hanno preso in considerazione l’eventualità che a tale domanda la risposta potrebbe anche essere affermativa.

    

    

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